Abbiamo fatto tutti uno stage e tutti ci siamo sentiti, almeno una volta nella vita, di occupare l’ultimo gradino nel mercato del lavoro. Già nella normalità essere stagisti non è facile, ma in una situazione di emergenza, diventa ancor più penalizzante.
Siamo tutti chiusi in casa e molte aziende stanno lavorando in smart-working, ma come fare con le persone assunte per svolgere un percorso formativo? Solitamente gli stageur affiancano fisicamente una o più persone in azienda per apprenderne il mestiere, ma ora che tutto si svolge in remoto?
In condizioni normali svolgere uno stage da casa non avrebbe molto senso. Si impara con gli occhi, si impara guardando, si impara facendo domande, si impara sotto la supervisione del proprio tutor: tutte cose difficilmente realizzabili da casa.
L’emergenza Coronavirus, ha cambiato le carte in tavola!
Ci siamo resi conto che, come in ufficio, anche virtualmente l’aiuto di una persona in più può essere importante, così come è importante garantire continuità nell’esperienza formativa di questi ragazzi.
Invece di interrompere gli stage perché non trasformarli in “smart working formativi”?
Organizzare uno “smart-stage” ci pone di fronte a 2 sfide:
- La gestione della comunicazione
- Il controllo e la fiducia nel lavoro svolto
Starete pensando: “Si, ok, ma come si fa?”
Abbiamo provato ad individuare quali sono i 3 elementi imprescindibili per la riuscita di uno smart working formativo:
- Un ruolo fondamentale è ricoperto sicuramente dal tutor, ossia la persona che in azienda ha l’incarico di seguire la formazione della risorsa. L’attenzione del tutor verso lo stageur dovrà essere ben focalizzata, dovrà definire obiettivi giornalieri, controllarli, correggere eventuali errori e restituire un feedback chiaro e ben strutturato che aiuti la risorsa a migliorare. Il tutor deve continuare a garantire un’esperienza di stage di valore.
- Il secondo elemento imprescindibile è la dimestichezza con gli strumenti digitali per il lavoro collaborativo a disposizione gratuitamente sul web (tra cui citiamo, Zoom Skype, GoogleDrive, ecc.) per condividere conoscenze e per migliorare l’organizzazione del lavoro. Suggeriamo di organizzare riunioni o momenti di condivisione settimanali, che favoriscano i rapporti umani e aiutino la comunicazione di gruppo.
- Ultimo, ma non per importanza, troviamo la promozione di un metodo di lavoro in grado di organizzare il flusso di attività, di suscitare curiosità, di raccogliere i diversi punti di vista allo scopo di adattarlo alle esigenze di lavoro condiviso e a distanza. Tale metodo di lavoro sarà infatti in grado di far acquisire una formazione generale al tirocinante, che potrà replicarla e riutilizzarla nelle future sfide lavorative.
Insomma, si tratta di un’opportunità esperienziale molto intensa!
Dal punto di vista dello stagista l’esperienza si rivela positiva per 3 ragioni:
- L’apprendimento più rapido ed esperienziale.
- La condivisione delle attività e l’autonomia concessa, stimolano l’organizzazione del lavoro e favoriscono una buona work-life balance.
- La creatività verrà coltivata e stimolata. La parola creatività deriva da creazione e la creazione (anche se di file, tabelle ecc) restituisce un senso di soddisfazione e completezza.
Anche l’azienda può trarre benefici decidendo di mantenere una risorsa in formazione smart:
- La risorsa, lavorando in un ambiente amichevole, sarà in grado di apprendere velocemente eliminando i tempi di adattamento alla nuova realtà ed essere più duttile.
- Le nuove generazioni, più avvezze alle nuove tecnologie, potranno insegnare ad altri colleghi l’utilizzo di chat e di altri strumenti di smart working.
- Lo smart working ha favorito l’organizzazione di molti webinar (anche gratuiti) che permettono sia l’apprendimento ma anche il confronto esterno con professionisti di altre realtà.
Per concludere, possiamo citare le parole di Sandro Ansink (Program Manager di Flex4Flex, il programma smart working dell’Autorità dei Mercati Finanziari olandese) nel suo libro “The Smart Working Book”.
“Lo smart working è Fiducia. Dare più responsabilità ad ogni worker.
Se dai fiducia, gli worker possono diventare “proprietari del loro lavoro”.
Hanno più libertà nel gestirlo e, in tal modo, riescono a
bilanciarlo al meglio con la vita privata.”
Perché dunque non dare un po’ di fiducia anche alle generazioni di futuri professionisti?